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Cronaca

Caso Denny Magina: precipitò perche colpito da un pugno. Arrestato il pusher

18 Marzo 2024 Cronaca

Caso Denny Magina: precipitò perche colpito da un pugno. Arrestato il pusher

Precipitò dal quarto piano di una palazzina di Livorno il 30enne Danny Guardia Magina, morto il 22 agosto di due anni fa. I carabinieri del comando di Livorno hanno arrestato un pregiudicato ritenuto responsabile di omicidio preterintenzionale. Si tratta di un 34enne tunisino. I carabinieri affermano che la giovane vittima quella notte era poco lucido per aver assunto droga. Fu colpito da un pugno in faccia durante una lite dall’indagato, cadendo all’indietro e precipitando di svariati metri in via Giordano Bruno. Il giovane è morto poi all’ospedale. Alcuni presenti nell’appartamento si sono solo preoccupati di darsi alla fuga. Sono state le tracce lasciate dall’anello dell’aggressore ad aver portare le indagini fino a questo punto. L’uomo già si trovava in carcere perché arrestato a novembre 2022 per spaccio in seguito alle indagini partite proprio dalla scomparsa del 30enne. Viene definito ‘cinico e scaltro spacciatore’ che in quell’appartamento curava lo spaccio di cocaina, hashish e marijuana proprio come una centrale di spaccio. I militari erano riusciti ad identificare 21 acquirenti a cui erano seguiti numerosi verbali delle persone che potevano riferire circostanze utili ai fini delle indagini. Di fondamentale importanza due ragazze (totalmente estranee a fatti) che erano presenti sulla strada al momento della caduta e che grazie alla loro prontezza di riflessi erano riuscite a riprendere la scena con i loro telefonini nonché la precipitosa fuga di alcuni soggetti dal luogo senza prestare soccorso al giovane Denny. Durante la prima fase delle indagini il 34enne era stato arrestato nella bergamasca assieme a un connazionale 31enne, quest’ultimo a Udine, con l’accusa di ripetute cessioni di stupefacenti nonché detenzione ai fini di spaccio di 183 gr di marijuana e 70gr di infiorescenze della medesima sostanza rinvenuti dai carabinieri la notte dell’evento. Dopo la morte di Denny Magina i due avevano lasciato Livorno, il 31enne in particolare aveva addirittura lasciato l’Italia e chiesto asilo in un altro Paese europeo e nel momento del fermo ad Udine aveva provato a fornire ai carabinieri false generalità. Grazie alla perizia medico-legale sul cadavere del giorno con la quale sono state isolate 1.291 particelle di materiale inorganico del diametro nell’ordine di frazioni di millimetri di platino ed argento, metalli utilizzati per la realizzazione di monili. All’atto dell’arresto, al 34enne fu sequestrato un anello tuttavia non compatibile con la ferita ma nel corso di uno dei sopralluoghi all’interno dell’appartamento, i carabinieri ne trovarono e ne sequestrarono altri 4. Ricostruendo i movimenti dell’arrestato precedenti a quella notte, i militari hanno individuato delle immagini pubblicate in un social network nelle quali hanno riconosciuto uno degli anelli sequestrati alla mano del 34enne, che si definiva “pugile”, anello la cui forma e materiali sono compatibili con la ferita della vittima. Altro elemento emerso in sede di accertamenti sono tracce di dna dei due stranieri sui pantaloni di Denny Magina, rispettivamente all’altezza della caviglia destra e sinistra. Visto che il giovane stava per precipitare, il 31enne e un altro indagato avrebbero provato ad afferrarlo alle caviglie, senza successo. Da qui l’accusa di omicidio preterintenzionale per l’arrestato, avendo lui colpito violentemente un ragazzo stordito e quasi inerme in prossimità di una finestra aperta, sita al quarto piano di un edificio che ben conosceva. Lo stato del giovane è riscontrato dall’assenza di urla o rumori mentre la stretta correlazione tra il pugno di un uno violento ed aggressivo e la caduta che ha determinato la morte si evince dall’assenza di tracce ematiche nei pressi della finestra né sulla parte alta della maglietta da una ferita che se inferta prima, avrebbe lasciato tracce di gocciolamento. A nulla è valso il tentativo del 34enne di attribuire un’eventuale azione violenta alla terza persona presente sostenendo di aver lasciato l’anello sul tavolo e che subito dopo il tonfo lo avrebbe visto lavarsi le mani.

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