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Livorno, il punto politico di Sergio Nieri

10 Agosto 2019 Territorio

Livorno, il punto politico di Sergio Nieri

La pausa di Ferragosto è prossima, noi riprenderemo a sentirci intorno alla metà di settembre. Ma intanto, Sergio, che clima politico hai rilevato dalla navigazione di questa prima parte dell’Estate?

“E’ un clima non molto diverso da quello che ci siamo lasciati alle spalle un mese fa. Anche se emergono a mio giudizio due costanti”.

Quali?

“Il ruolo sempre più centrale di Salvetti nella gestione di alcune scelte “di sistema”, non ultima quella sul “Nuovo Ospedale”, e la sensazione che una “manona” abbia orientato la composizione di questa Giunta per renderla il più possibile compatibile con le scelte di indirizzo della tolda di comando regionale”.

A cosa ti riferisci?

“Certamente all’offensiva più o meno volontaria in materia di politiche energetiche,che vede il nostro territorio storicamente esposto per soglie di inquinamento e patologie connesse.

Mi chiedo, quale altro dirigente del Pd avrebbe potuto ammortizzare la direttiva regionale-aziendale sulla bio raffineria dell’Eni?

Nessuno; il “civismo” di Salvetti ha consentito di ricevere la notiziona di Eni, peraltro giunta pochi giorni dopo il suo insediamento, con lo stesso aplomb con cui Maria de Filippi domanda se “c’è posta per te”.

Seguiranno, pare, consultazioni preventive con i cittadini, ma intanto l’opzione Livorno è in cassetta ed è pressochè certo che possa riguardare una utenza allargata all’intero bacino regionale”.

La dirigenza di Eni lo ha definito un inceneritore ad emissione zero. Perchè non crederci?

“Vi ribalto la domanda, perchè crederci a scatola chiusa? Di questo dovrà tenere conto il Sindaco se non vuole infilarsi nello stesso tunnel che ha generato la progressiva impopolarità dei sindaci di area Pd che lo hanno preceduto in materia di scelte energetico-ambientali.

Va poi considerato che un “inceneritore”,questa volta col camino, ce l’abbiamo già, ed è quello di Aamps; anche questo negli anni post concordatari ha operato come “servitù regionale” garantendo peraltro, sul piano finanziario, una provvista essenziale per la liquidazione delle situazioni debitorie stabilite dagli organi del fallimento.

E’ realistica l’ipotesi del suo spegnimento, come vorrebbe una quota crescente di cittadini? E su questa base, nella fase declinante, sarà fatta una selezione qualitativa dei rifiuti solidi urbani che finiranno in bioraffineria, rispetto a quelli destinati al calderone generale di via dell’Artigianato? E se si, in quale misura? Con quale criterio “industriale”?

Ma al di là di questo, quello che sconcerta è come l’elezione di Salvetti e il ritorno contestuale del centro sinistra abbiano quasi automaticamente spostato il dibattito politico sull’impiantistica da smaltimento e assai poco sui trattamenti di quella economia circolare di cui si nutrono culturalmente anche parti significative del Pd Green”.

D’altra parte il Movimento 5 Stelle la sua occasione l’ha avuta…

“Certo, in questi anni ha operato per lo più come forza deterrente scegliendo la strategia della tacita opposizione, anche giuridica, all’incremento del potenziale energetico del territorio e alla cessione dei rifiuti in discarica.

Se fosse rimasto Nogarin (o chi per esso) non credo che si sarebbe parlato di bio raffineria, tanto meno i titolari della discarica del Limoncino avrebbero chiesto in zona Cesarini il rinnovo dell’autorizzazione ambientale per l’esercizio dell’attività di smaltimento.

E’ vero, il rilascio del nulla osta risale al 23 aprile u.s., se non erro, ma è chiaro che i gestori avevano letto sondaggi sfavorevoli a M5s, e in quella sede peraltro anche l’Agenzia di Protezione Ambientale (Arpat), cui oggi si attribuiscono relazioni severe sulle modalità di conferimento dei rifiuti in discarica, si uniformò senza troppe obiezioni alla valutazione permissiva dell’Ufficio Regionale competente.

Va detto che su questo piano la scelta “pro attiva “di Salvetti, rispetto alla deterrenza di M5s, è stata apprezzabile, e il merito del procedimento di sospensione del nulla osta regionale va ascritto alla volontà dell’attuale Giunta di andare verso il “superamento ” della discarica.

Di qui però allo stop definitivo ce ne corre, a meno che la Regione, esponendosi ad un contenzioso milionario, non decida di revocare la concessione della ex cava (non l’autorizzazione) agli attuali proprietari che, legittimamente, non hanno al momento alcuna intenzione di mollare.

Ritengo spuntata anche l’arma della giuridificazione del conflitto, cioè del coinvolgimento del Comune nei ricorsi al Tar o al Consiglio di Stato contro gli atti della Regione.

I ricorsi li devono produrre i cittadini, noi lo facemmo per Porta a Mare e Gassificatore, in quest’ultimo caso soccombendo al Consiglio di Stato.

Non trovo lungimirante che a pagare le conseguenze di una sconfitta legale debbano essere tutti i cittadini e non, nel caso specifico, i proprietari delle aree o dei fabbricati limitrofi ad una discarica peraltro già autorizzata dai pubblici poteri. La soluzione è amministrativa”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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